Cesare Cremonini

Ragazze facili

Si tratta del nuovo estratto dall’album certificato Doppio Disco di Platino, “ALASKA BABY”.

C’è ancora spazio, oggi, per un brano che non si limiti a intrattenere, ma esponga? Per parole che non coprano l’anima, ma la svestano? “Ragazze facili” non nasce per rispondere a questa domanda, ma compie qualcosa radicale: smonta la maschera di un uomo. È un racconto maschile in un momento in cui non è più possibile privarsene, in un tempo che chiede agli uomini di apparire forti senza insegnare loro come essere autentici.

Le “ragazze facili” di Cesare non hanno identità anagrafiche: sono fantasmi, l’alibi di chi teme di non meritarsi molto di più di una notte tra i calici di una felicità irraggiungibile, la porta laterale che si imbocca quando la vita domanda presenza ma non spiega perché. Non indica colpevoli: scava nei segreti e nelle ferite. Offre una provocazione disarmante: forse l’amore non si è impoverito, siamo noi ad aver smesso di reggerne il peso.

Musicalmente è una ballad glam, dal respiro ampio, nutrita da una memoria sonora degli anni Settanta. Al centro, il pianoforte inconfondibile di Mike Garson – lo stesso che incendiava le visioni di David Bowie – non accompagna: incide, come una lama bianca nel buio. Attorno, una trama di voci registrate con Elisa, una tessitura che sfiora il gospel e solleva ciò che la parola consegna alla terra: una liturgia fragile, una promessa salvata. Al centro, la voce di Cesare senza sovraincisioni. Una “one take” definitiva e unica come un gesto artistico che resterà nella sua carriera.